Forza delle farine: cos’è?

Vi dicono da più parti che il segreto dell’alta digeribilità è la lunga lievitazione vero?

Sbagliato!

Innanzitutto la lievitazione è un processo veloce, si dovrebbe parlare semmai di lunga maturazione, che è un processo più lento, e di cui abbiamo parlato in un precedente articolo. Ed ecco, la lunga maturazione del panetto può essere possibile solo utilizzando farine specificamente assemblate per questo scopo: esiste infatti un indicatore (W), misurabile attraverso l’alveografo di Chopin (nella foto), usato per classificare le farine in base alla loro forza: debole, media e alta.

L’alveografo è uno strumento che misura la pressione d’aria necessaria all’estensione  biassiale di un campione di pasta. L’impasto viene sottoposto a rigonfiamento per mezzo dell’azione di un gas: la pressione della bolla d’impasto che si viene a formare viene così registrata dallo strumento.

La registrazione del parametro W indica l’energia necessaria alla deformazione del campione, e costituisce quindi l’indice della “forza” della farina. È cioè un parametro che ti dice quanta forza oppone il panetto al rigonfiamento dovuto alla lievitazione. Per contro aumenterà anche il tempo di maturazione e quindi aumenterà il tempo di utilizzo dell’impasto.

USARE UNA FARINA CON FORZA ERRATA È FONTE DI SCARSA DIGERIBILITÀ

Solo dando giusta forza alla miscela si può procedere alla lunga maturazione del panetto, e non viceversa. Tutti vantano impasti a lunga “lievitazione” (espressione imprecisa, secondo noi), ma per tararla effettivamente su uno standard di 72 ore reali la base di tutto è realizzare un impasto in grado di reggere questo lungo lasso di tempo.

Queste sono premesse della ricerca del la Corte dei medici, il locale che prende il nome non per qualche riferimento alla celeberrima famiglia fiorentina, anche se è divertente giocare sull’equivoco, ma più modestamente perché è dedicato alla famiglia Gullotta, una stirpe di professionisti dediti all’arte di Ippocrate, che hanno costruito il palazzo a corte in cui si trova.

Nella vecchia biblioteca da loro lasciata, durante i lavori di ristrutturazione, è stato rinvenuto in un quaderno logoro e polveroso, il sunto di studi tardo ottocenteschi su lieviti e batteri. Fu nell’Ottocento infatti che furono individuati i saccaromiceti (letteralmente, funghi dello zucchero), come agenti della fermentazione alcolica. La stessa reazione chimica che si usava a Pompei, dove si panificava con paste di riporto innescate con uva (la famosa pruina).

Un testo che è stato rivelatore. La Corte dei medici l’ha considerato la guida per un sentiero avventuroso e irto di ostacoli, ma stimolante. Quale? Impiegare questo tipo di fermentazione, antica, precisa, basata sull’utilizzo dei Saccharomyces Cerevisiae, microscopici funghi unicellulari, in un impasto a lunga maturazione, moderno cioè, in modo da scrivere la formula definitiva dell’alta digeribilità.

Nasce così il Trimolium 1898 (battezzato così in onore del manoscritto la cui data è quella in questione), la miscela preparata con tre farine dalla Corte dei medici (oggi in via di registrazione), un personal blend che si propone in esclusiva, non replicabile facilmente per bilanciamento e dosi peculiari, formato da farina Timilia, da farina di semola integrale rimacinata a pietra e da farina bianca.

Farine miscelate per il migliore dosaggio proteico quindi, dato che questo insieme di proteine costituisce la struttura portante dell’impasto, la sua forza appunto, una sorta di reticolo che rende l’impasto compatto ed elastico capace di trattenere gli amidi ed i gas della lievitazione. La somma delle caratteristiche delle tre farine usate, miscelate in proporzioni precise al grammo, ne determina l’altissimo livello di qualità e rende il Trimolium 1898 la base della inimitabile pizza della Corte:

1) Dato che il Trimolium sopporta tre giorni di maturazione a temperatura controllata si ha la possibilità di usare pochissimo lievito: maggiore è il tempo di maturazione e minore quantità di lievito sarà necessario per l’impasto. I professionisti della pizza ne usano poco, alla Corte si è potuto ridurre ancora di più, in modo da impiegarne solo una piccola “miccia”, meno di una briciola per attivare il processo di lievitazione.

2) La lievitazione microbiologica è parzialmente inattivata con Sale di Mozia e conseguente produzione in loco di glutatione, un potente antiossidante ottenuto dalla cadaverizzazione del lievito in eccesso e che favorisce la fermentazione alcolica. Una fermentazione, come detto, antica, collaudata nei secoli e scientificamente affidabile.

3) Per il Trimolium si impiega poi acqua minerale in bottiglia, microfiltrata con poco cloro, potabile, inodore e moderatamente dura (15-18 Gradi francesi e quindi non quella di rubinetto) con un livello di minerali TDS (total dissolved solids) pari a 250pp.

4) L’olio usato è solo Extra Vergine di Oliva di Buccheri, che rende la pasta vellutata e soffice, ne migliora il sapore e contribuisce a far espellere l’umidità più lentamente.

5) La stesura avviene quindi a mano, in modo da ottenere la pizza con un bel cornicione alveolato, mentre la cottura ha luogo in forno a legna artigianale, a mattoni e pavimento di cotto, 150 di diametro, non più grande perche la cupola troppo alta avrebbe alterato i moti convettivi del calore non garantendo il giusto tasso di umidità residua e il classico aspetto finale morbido e saporito della pizza.

6) I prodotti base dei condimenti che vanno sulle pizze della Corte dei medici infine sono tutti di alta gamma. Quindi purtroppo non proprio a buon mercato. Ma rifiutiamo recisamente prodotti dozzinali e da discount.

Ecco perché, contrariamente alle mode, alla Corte dei medici NON viene proposto ai clienti una miriade di impasti ma uno e uno solo. Perché è frutto di una ricerca, perché è quello che conoscono bene, perché le sue caratteristiche sono uniche e inimitabili.

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Può capitare, dopo aver mangiato una pizza, di digerire con una certa difficoltà o di avere una forte sete. La causa di questi disagi non è dovuta ad una lievitazione incompleta, come spesso si crede, ma ad una “maturazione” dell’impasto insufficiente. Ora sai perché da noi non può capitare.

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