La lettura è il viaggio di chi non può perdere un treno

Circa 15 anni fa avviavo la Masseria Carminello, 6 anni fa la Corte dei medici e 2 anni fa presentavo alla Feltrinelli il libro “Pizza, quanto ne sai veramente?”, edito da Bonfirraro.
Non è facile mettere nero su bianco e seguendo un filo logico tutto quello che hai imparato in anni e anni di stress, imprecazioni e fregature.
Ammetto che sarebbe stato decisamente più facile stampare un testo in stile motivazionale, senza editore alle spalle, magari in offerta a 9.99 €, condirlo con qualche bella foto, aggiungere una pioggia di aforismi scopiazzati, e via online.
Che poi è ciò che fanno i blogger del food, in buona sostanza.
Ma ho preferito aspettare, prima di scrivere qualcosa. Conosco tutto del settore ristorazione perché tutti mi hanno fregato.

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“Effetto Starbucks” e pizza

Una pericolosa deriva sta colpendo il mondo della ristorazione che si può  chiamare “effetto Starbucks”. Questa catena mondiale di ristorazione, nota per il caffè e il cappuccino, grande azienda, grande marketing, bravissimi, complimenti, offre però delle taglie di prodotti che si possono definire, con tranquillità, debordanti. Cappuccini da un litro, caffè enormi, bevande calde offerte in secchi, non in bicchieri, e così via.

Questo virus si sta diffondendo, allo stesso modo, nella variante “all you can eat”, formula deleteria e dannosa.

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Pizza, sete e impasti fatti come si deve

Molti pensano sia “normale” bere molto o passare una notte travagliata in seguito ad una serata in pizzeria. E pensano sia colpa del «troppo sale» o «troppo lievito» o delle farciture esagerate.

Ma no, non è assolutamente normale e non è colpa loro.

O meglio, sicuramente giocano un ruolo importante nella fase di digestione, ma non sono i principali indiziati.

Il principale indiziato è un impasto «non maturo».

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La PIZZA è tradizione o modernità?

Dilemma eterno ma,  lo diciamo subito, tra le due, scegliamo la seconda.

Quando nacque, la pizza era un piatto modernissimo, una novità assoluta. L’innovazione in particolare fu l’uso del pomodoro come condimento. Ricordiamo infatti che per diversi anni dopo che il pomodoro fu portato in Europa dalle Americhe nel XVI secolo, molti europei credevano che fosse velenoso (come varie altre piante del genere Solanum a cui appartiene). Un piatto quindi innovativo che guadagnò così tanta popolarità da diventare “tradizione”. L’innovazione da cui nacque venne cioè cristallizzata: in Margherita, Marinara, ecc. I grandi classici.

L’UNESCO ci ha messo del suo, premiando la pizza napoletana come patrimonio dell’umanità, dando il via a quella che i Media hanno dipinto come una grande conquista nazional-popolare, una vittoria per il settore tutto e soprattutto per il cliente finale.

Ma è proprio così?

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