La farina doppio zero è veleno (e gli asini volano)

Questa è la bufala per eccellenza. La più diffusa e  la più  cliccata tra tutte le altre. Sono milioni gli articoli pubblicati su testate giornalistiche, blog, forum, portali, siti  in cui, con grandi titoli ad effetto, si inneggia al pericolo mortale rappresentato dalla farina tipo 00 estremamente raffinata. Si utilizzano semplicissimi trucchetti giornalistici per attirare l’attenzione sulla notizia, farla indicizzare dai motori di ricerca per ottenere commenti che, a loro volta, animano il  sito e fanno cliccare il post  sempre di più.

Si sfruttano articoli redatti da medici per costruire una tesi attraverso frasi espresse in un altro contesto e inserite in un ambito diverso, con copia-incolla di commenti, che danno luogo al perfetto articolo allarmistico pronto a scatenare il panico.

La maggior parte delle volte sono anche semplicissime opinioni personali sostenute da  professionisti in settori che hanno poco a che vedere con le tecnologie specifiche della panificazione e, pertanto, con scarse conoscenze nei processi di coltivazione, di produzione e di molizione. Poiché su internet si trova ormai tutto e il contrario di tutto, non resta che risalire alle fonti in modo da capire cosa c’è di vero in affermazioni che possono facilmente esse fraintese e utilizzate da dilettanti per il piacere di scatenare il panico.

In primo luogo, andiamo con ordine e cerchiamo di rispondere ad una prima e fondamentale domanda: cosa è la farina?

La farina è un prodotto alimentare che si ottiene attraverso la macinazione di sostanze vegetali essiccate. Le farine più conosciute si ottengono dai cereali (ne sono esempi la farina di frumento, la farina di segale, la farina d’orzo, la farina di mais, la farina di avena, la farina di riso e la farina di farro), dalle leguminose (farina di fagioli, farina di fave, farina di piselli, farina di soia); altri tipi di farina sono quella di grano saraceno (il grano saraceno è spesso annoverato fra i cereali, ma questa attribuzione è tecnicamente non corretta), la farina di castagne ecc.

Nell’uso comune, comunque, con il termine farina si indica quella di frumento e, in particolare, la farina di grano tenero (la farina di grano duro è generalmente indicata con il termine semola).

La farina di frumento ha svolto un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione umana. Nel bacino del Mediterraneo è stata un alimento essenziale per la civiltà egizia, quella greca e quella romana. La parola farina deriva infatti dal termine romano far, che significa farro, un altro cereale che, a quell’epoca, era molto utilizzato. Attualmente il frumento è il cereale più coltivato nel mondo, grazie alla sua adattabilità alle diverse condizioni ambientali e climatiche.

Nella produzione della farina vengono utilizzati frumento duro (Triticum durum, contiene più proteine vegetali, il 13%), destinato alla produzione della pasta, oppure frumento tenero (Triticum aestiveum, contiene meno proteine vegetali, il 12,3%), destinato alla produzione del pane e dei dolci. La farina di frumento contiene quantità significative di amido e proteine vegetali; queste proteine (gliadina, glutenina) sono diverse da quelle animali per l’assenza di aminoacidi essenziali (lisina, triptofano), presenti in quantità trascurabili). Inoltre, le proteine vegetali del frumento a contatto con l’acqua formano il glutine, una sostanza colloidale che non viene tollerata da chi soffre di celiachia .

Le persone affette da celiachia non hanno gli enzimi atti a scindere il glutine e devono, di conseguenza, consumare alimenti dietetici che ne siano privi. L’amido, la principale fonte di carboidrati dell’alimentazione umana, è un polisaccaride (carboidrato complesso) formato dall’unione di vari monosaccaridi (come il glucosio). L’organismo riduce l’amido nelle sue componenti più semplici (i monosaccaridi) mediante l’azione dell’amilasi, un enzima che trasforma l’amido in destrine. Le destrine sono poi trasformate in maltosio, da cui si ottiene il glucosio. Il glucosio è di importanza essenziale, perché è l’unico tipo di zucchero che circola nel sangue, fornendo l’energia necessaria al funzionamento dell’organismo.

La farina è un alimento la cui qualità dipende strettamente dal tipo ed è praticamente indipendente dal produttore (almeno per quanto riguarda il discorso industriale). Infatti esiste una differenziazione abbastanza netta fra i vari tipi che garantisce che le caratteristiche all’interno della classe siano stabili.

Nell’ambito della classificazione merceologica e commercializzazione delle farine si fa riferimento al DPR 187/2001 nel quale si riportano le definizioni e le caratteristiche legali che devono avere gli sfarinati denominati farina di grano tenero Tipo 00, 0, 1, 2, integrale. La principale differenza consiste nel grado di “abburattamento”. Abburattare significa setacciare ed è un termine che viene utilizzato durante la macinazione dei cereali; è un processo di setacciatura graduale dei cereali macinati, in particolare, del frumento per ottenere farina di diversa finezza. Attraverso dei setacci a maglie differenti si stabilisce il grado di abburattamento.  Il grado di abburattamento, o resa di macinazione, è la quantità di farina ottenuta dalla macinazione di 100 Kg di grano.

Più alto sarà il tasso di estrazione meno raffinata sarà la farina, quindi ci sarà una maggiore presenza di crusca.

La farina “00” ha subito un abburattamento del 50%; la farina “0” del 72%, il tipo “1” dell’80% e il tipo “2” dell’85%. La farina integrale è stata sottoposta soltanto a una prima fase di macinazione, senza ulteriori buratti, e ha un tasso di abburattamento del 100%. La farina integrale, quindi, contiene tutte le parti del chicco macinato, crusca compresa.

In quest’ordine, i diversi tipi di farina presentano una quantità di crusca e germe via via crescente: la farina di tipo “00” è la più “setacciata” e proviene dalla parte più interna del chicco di grano; quella di tipo “2” è la più simile alla farina integrale grezza che contiene, invece, tutte le parti del chicco macinato.

Le farine con il minor tasso di abburattamento sono bianche e soffici e particolarmente ricche di amido. Viceversa, le farine con la resa di macinazione più alta sono più scure e presentano una maggiore quantità di fibre, vitamine, proteine, grassi ed enzimi, sostanze contenute tutte nella parte più esterna del chicco. Ma la differenza tra le tipologie di farine non consiste solamente nel rispettivo grado di abburattamento ma anche nei valori min e max di ceneri, umidità e proteine.

Passando da una Tipo 00 a una Tipo 1 si innalza il limite massimo di ceneri da 0.55 a 0.95. Si ottiene un prodotto meno “setacciato”, con un miglior apporto nutrizionale, che comprende, nel suo interno, non solo la parte amilacea della mandorla farinosa dell’endosperma, ma le parti esterne dello stesso endosperma (lo strato aleuronico, le pareti cellulosiche delle cellule, ecc.). Man mano che si passa dalla Tipo 00 alla Tipo 2 passando dai Tipi intermedi 0 e 1, si includono nuove parti, la farina è meno setacciata (o raffinata, come va di moda dire) e si innalza il valore delle ceneri.

Un discorso importante deve ora essere fatto per lo sfarinato denominato “farina integrale di grano tenero”. Anche in questo caso, lo stesso DPR fissa il limite di umidità, l’apporto minimo di proteine e il valore min e max di ceneri consentito per cui, anche volendo, non è possibile macinare la cariosside e ottenere tale e quale lo sfarinato poiché si supererebbero abbondantemente i limiti legali. La farina integrale è, quindi, ottenuta da uno sfarinato di base più raffinato (Tipo OO, O, 1, 2) a cui successivamente sono aggiunte le parti cruscali (fibra) nella quantità che permetta di restare nei limiti consentiti. Questo procedimento folle deriva da un serio problema di normativa vigente che non consente di utilizzare quella denominazione di vendita e, quindi, la commercializzazione degli sfarinati che non rientrino nei limiti riportati[1].

Fatte queste doverose precisazioni in un ambito in cui il consumatore pensa che sia colpa dell’industria se le farine sono troppo raffinate, si apre un ambito tecnico nutrizionale che nessun medico mai considera.

E’ evidenza consolidata da diverse pubblicazioni scientifiche che più una farina è raffinata, nella fattispecie la Tipo 00, più si impoverisce di principi nutritivi, mentre più aumenta il grado di abburattamento più si comprendono altri parti della cariosside e più si va ad arricchire nutrizionalmente lo sfarinato.

E’ chiaro che le parti cruscali esterne contengono la fibra (valori di ceneri più elevati) e, quindi, sono ineccepibili tutti i discorsi nutrizionali – salutistici inerenti ai vantaggi di un sempre maggior consumo di fibra nella dieta. Nessuno, tuttavia, considera che le parti cruscali esterne possano contenere residui di fitofarmaci usati nei campi, nello stoccaggio delle cariossidi (antiparassitari/insetticidi chimici di contatto), durante il trasporto nelle stive delle navi per evitare la proliferazione di insetti, di muffe e la la germogliazione delle stesse cariossidi [2].

Oltre a ciò, si consideri che nei campi possono essere state utilizzate sostanze chimiche di sintesi consentite in paesi esteri e non ammesse in Italia.

Nessuno riflette sul fatto che, non essendoci una legge sulla tracciabilità, i grani possano provenire da qualsiasi paese del mondo, subire mesi di stoccaggio in cariosside prima di essere sottoposti alla molitura.

Da un punto di visto salutistico occorre considerare quest’aspetto prima di consigliare il consumo smisurato di crusca (di cui non si è certi della provenienza!) soprattutto in presenza di un vuoto legislativo estremamente importante. Prima di affermare che la farina 00 è dannosa alla salute e provoca il cancro, soffermiamoci per un istante a pensare se, allo stato attuale, sia più pericoloso usare una farina Tipo 00 (di certa provenienza) o quella con parti cruscali contaminate da residui di sostanze chimiche ammesse nei paesi di coltivazione dei frumenti ma “veleni” per la nostra legislazione.

Da questo punto di vista la Tipo 00 è molto più sicura di quella integrale e contiene molti meno veleni, seppur qualcuno la definisca “veleno” solo perché è la più raffinata. Nutrizionalmente parlando sarebbe molto corretto se, al posto di fare sempre e a tutti i costi terrorismo alimentare, si dicesse che le farine Tipo 0, Tipo 1 e Tipo 2 sono da consigliare rispetto al consumo di quella 00 perché contengono molti più principi nutritivi, vitamine, sali minerali e fibra naturale interna alla cariosside e non esterna come quella contenuta nelle parti cruscali.

Che tra gli addetti ai lavori che si informano e studiano sia ormai chiaro che sulle farine 00 circolino numerose panzane, storie fantasiose e vere e proprie distorsioni della verità, frutto talvolta di abilissime operazioni di marketing, non vi sono dubbi, ma i luoghi comuni instillati tra la gente, il cd. consumatore, continuano a persistere radicati al pari di come lo furono nei secoli bui quello che il pomodoro fosse una pianta velenosa o che, ancor prima, il suo colore rosso fosse quello del diavolo e, pertanto, da evitare.

Così, in una scarsa manciata di anni, le farine 00 sono diventate veleno, l’industriale è divenuto sinonimo di cattivo tout court e, peggio ancora, il grano e i frumenti, in generale, alimento pericolosissimo nell’ambito del quale scegliere con cura onde evitare serissimi rischi per la salute.

Assistiamo così alla vendita di farine integrali, vendute a prezzi triplicati e, peggio ancora, fatte passare per alimento nutrizionalmente superiore rispetto alle farine “raffinate”.

La stessa espressione “raffinata”, che ha ragione d’esistere solo se si parla di materia da purificare ed è ben lontana dal cibo se non per l’eliminazione di scorie dannose, è stata la prima di tante inesattezze date in pasto ai profani. Poi, da lì in avanti, è stato tutto un fiorire di “esperti” (che non avevano mai visto in vita loro una farina) che nell’intento di riempirsi la bocca con paroloni dei quali non conoscevano nemmeno il significato hanno cominciato a parlare di fibra, di salute, di micotossine, di grani antichi (tra i quali è finito anche uno dei più redditizi brevetti mondiali – il kamut, spacciato per grano antico), di celiachia, e così via. Il tutto in assenza della comunità scientifica che, in un disegno ben architettato, faceva parte di un gioco di alto livello nel quale era invischiata per tutelare gli interessi di grandi gruppi.

Un Medioevo culturale che ha condotto un’intera società, sicuramente più attenta al tema alimentare, a ridisegnare le priorità alimentari sulla scorta di frottole e una diversa destinazione dello stesso non più tesa al suo elemento fondante che era la convivialità, integrato magari dalla morigeratezza dei costumi, ma teso alla dieta in senso paramedico, senza che chi era destinato a dare nozioni in tale campo, il medico, fosse mai interpellato.

[1]    http://www.repubblica.it/sapori/2017/01/23/news/associazione_mugnai_fonda_centro_informazione_farine-156480498/

[2]     http://www.repubblica.it/ambiente/2016/04/22/news/glifosato_la_mappa_del_rischio-138195238/

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