Qualcuno già si domanda: i ristoranti italiani, prima del coronavirus, erano già troppi?
Facciamo due conti…
“Il Coronavirus ha accelerato l’esplosione di una bolla: troppi ristoranti aperti in Italia, con un tasso di chiusure annue che, già prima della crisi, era significativo” (Dissapore).
I ristoranti cadono come foglie secche sotto il vento incessante del Covid. Ma non è che a ben guardare quel vento ha contribuito a far scoppiare una bolla che conteneva davvero troppe imprese?
In Italia la situazione purtroppo non è delle migliori: secondo il report Istat, nel 2020 hanno chiuso in totale 73 mila imprese, di cui almeno 17mila non riapriranno. Di queste, circa 30mila (di cui già 5 mila non prevedono di riaprire) fanno parte del settore della ristorazione, che per l’anno appena concluso ha fatto registrare un calo di fatturato di oltre il 50% (dichiarato dal 26,7% delle imprese) e tra il 10 e il 50% (per il 56,3% delle imprese).
Ma quanti erano i ristoranti in Italia?Non è che c’era un surplus di imprese destinate comunque – prima o dopo – alla chiusura? A dicembre del 2018, negli archivi delle Camere di Commercio italiane risultavano attive 336.137 imprese appartenenti al codice di attività 56 con il quale vengono classificati i servizi di ristorazione.
In Italia siamo 60 milioni: dunque si parla di un ristorante ogni 178 persone.
La cruda realtà è che questa crisi ha contribuito, con impietosa velocità, a far scoppiare quella che a tutti gli effetti era una bolla sovrastimata: troppi ristoranti per numero di clienti. Si conta che a Milano ci siano più ristoranti che a New York, che ha molti più abitanti.
Ora, non si tratta solo di sperare che sopravviverà chi riesce a tenere duro. Ricordate la bolla delle biciclette?
Soprattutto che un fatturato in crescita non sempre corrisponde ad un’azienda in salute: un +20% di fatturato in un settore che tira e sta crescendo (magari anche più del 20%) non vale quanto un +10% mentre la concorrenza arranca, perché significa che appena il mercato comincia ad andare in sofferenza, l’azienda finisce a gambe all’aria.
E poi, vince chi ha un sistema di produzione meno parcellizzato, più organizzato, più centralizzato.
In quel caso, le case produttrici di biciclette americane. Nel nostro caso, nella ristorazione, le catene di fast-food… sempre americane!!!
Perché?
- ottimizzazione delle scorte
- processi produttivi più efficienti
- minor importanza dell’apporto umano nella catena di montaggio (leggi chef e camerieri)
- Convergenza della pubblicità su un marchio e non su tanti punti vendita
… fanno vincere a mani basse le catene e le faranno sopravvivere al Coronavirus..
E tu? Come puoi entrare, o restare, nel settore Food senza saltare in aria?
Continua a seguire il Blog… Ne parleremo diffusamente.
La soluzione, lo anticipo, è fare gioco di squadra.
Non è un’epoca per solisti.
Per raggiungere gli obiettivi, nel mondo dell’impresa, è indispensabile imparare a fare gioco di squadra. La condivisione di competenze, idee ed esperienze è essenziale, come nello sport. Nonostante ciò, le piccole e medie aziende, che in Italia rappresentano la spina dorsale dell’economia, non fanno rete a sufficienza, dissipando energie e conoscenze. Una modalità, questa, che consente di vincere qualche partita, ma non il campionato.
Questo Blog serve a questo. A fare squadra. A trovare un terreno comune. È necessario condividere le conoscenze.
Iniziamo ora. Forza.