Pizza nera? No, grazie!

Se esistessero il mago Merlino e la fata Turchina l’uomo occidentale, nel XXI secolo, non chiederebbe la sapienza (e che se ne fa?) né di sposare la donna o l’uomo più belli al mondo (tanto poi si stufa lo stesso), ma di mangiare tantissimo senza ingrassare e mantenendo, anzi, il fisico da modella per le donne (taglia XXXS) e quello di un aitante nuotatore per gli uomini (con una tartaruga cresciuta alle isole Galapagos). Per esaudire questo desiderio, in mancanza di bacchette magiche, libri del comando e filtri, l’industria alimentare e il marketing hanno inventato il cibo-non cibo.

Se il pane, la pasta o la pizza fanno ingrassare (almeno così si pensava prima di aver letto il capitolo precedente) aggiungendo un pizzico di polvere magica (e un poco di fumo negli occhi), voilà, l’effetto è garantito”! Possiamo mangiare quintali di cibo e non ingrasseremo di un etto.

Abbiamo, per esempio, il pane proteico che, grazie all’altissimo contenuto di proteine, neutralizza, come la kryptonite con Superman, l’odiati carboidrati. Il marketing recita, con enfasi, che il prodotto migliora le prestazioni sportive in modo esponenziale. Esiste Low Carb, pane dei miracoli, con una quantità di proteine quattro volte superiore a quello tradizionale e  con sei volte carboidrati in meno: nel 2013 un centinaio di panetterie in Italia ne ha sfornato 30 tonnellate. Le proteine consentono di tenere sotto controllo il peso, ma si tace sugli effetti collaterali: osteoporosi e affaticamento renale in primis.[1].

Ma, incredibile, esiste anche la pasta zero calorie meglio nota come Miracle Noodle, che promette di realizzare primi piatti gustosi, a calorie zero, da consumare “senza alcun senso di colpa”. Di cosa si tratta? I Miracle Noodle, fabbricati in Giappone, non sono altro che shirataki, un tipo di pasta tipica della cucina locale realizzata con farina estratta dalla radice di konjac (Amorphophallus konjac). Questa pianta è ricca di fibra vegetale solubile, spesso ribattezzata glucomannano, e utilizzata come integratore proprio per la sua capacità di dare un senso di sazietà e di limitare l’assorbimento di carboidrati e grassi.

Ma il problema è un altro: «Oltre ad assorbire i nutrienti, il glucomannano può ridurre l’assorbimento dei farmaci, compromettendo l’efficacia di una terapia, tanto che gli integratori a base di queste fibre avvertono di tenerne conto», spiega Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione presso l’Università di Bologna. «È importante valutare questo aspetto quando se ne consumano grandi quantità e al contempo si assumono farmaci». In ogni caso, gli shirataki non equivalgono certamente, come esperienza gustativa, ad un piatto di pasta: c’è il rischio di abbondare nei condimenti – seguendo anche le ricette proposte dal sito – recuperando così le calorie risparmiate. «50 grammi di pasta conditi col pomodoro fresco – sottolinea il nutrizionista – sono sicuramente un alimento più equilibrato di un piatto di tagliolini shirataki a calorie zero, conditi con sughi sostanziosi nel tentativo di dargli un po’ di sapore»[2].

La linea Ciaocarb, fondata da tre imprenditori abruzzesi, presenta un vasto assortimento di pasta (penne, fusilli tagliatelle) e prodotti da forno (grissini, panini, biscotti) composti da 60% di proteine e da 14% di carboidrati ad un prezzo più elevato dei normali prodotti in vendita. Gli ingredienti principali sono soia, albume d’uovo e siero del latte. Il gusto, a quanto pare, non è il massimo e il rischio di renderli ancora più proteici con i condimenti è sempre in agguato. Tra pagnotte e biscotti, sono una ventina le proposte sfornate dal marchio CiaoCarb, il cui potenziale non sta tanto nel fatturato (oltre 6 milioni di euro l’anno), ma nel valore di collocamento che lievita sul mercato. Le proteine sono ricavate dalla soia, dai legumi, dal collagene. Il concetto è «rimodulare la dieta mediterranea in funzione dello stile di vita più sedentario, per cui servono molte meno calorie[3]. Mentre il consumo di carne aumenta vertiginosamente nei paesi esplosi negli ultimi decenni (Cina e Brics), in Europa e negli Stati Uniti si cercano scorciatoie per evitare i danni della consueta dieta iperproteica e consolidarne i vantaggi: un controllo più semplice e immediato del peso e degli altri parametri legati alla buona salute (glicemia e colesterolo)[4].

Gli odiati carboidrati, per attirare a sé anche il più virtuoso adepto della dieta Low-Carb, sanno assumere le forme più affascinanti come, ad esempio, la pizza. Uomini e donne che liquiderebbero un angelo di Victoria’s Secret o Michael Fassbender con un cenno del capo e senza rimpianti si scoprono lascivi e inetti di fronte ad una Margherita doppia mozzarella. Quanti rimorsi il giorno dopo! Ma, altro colpo di genio dei maghi in cucina e del marketing, basta convincere i peccatori che, aggiungendo una magica polverina, la pizza diventa leggera, leggera e il gioco è fatto!

Da qualche anno fornai e pizzaioli sfornano pizza e panini neri come la pece e sono sempre più quelli che li provano in virtù di presunti effetti benefici sulla salute. Ora sta arrivando anche la mozzarella di bufala “nera”, sempre sull’onda della stessa tendenza del momento, e chissà cos’altro ci aspetta. “Dio fece il cibo ma il diavolo certamente i ianco di una farcitura o con il rosso intenso di una salsa) e poi approdata un po’ ovunque. L’utilità per il consumatore finale però è dubbia.cuochi”, scrisse Joyce: si tratta infatti di una moda nata nelle cucine degli chef (pensate all’effetto scenico legato al contrasto del nero con il bianco della mozzarella.

L’aspetto nero deriva dall’impiego di carbone vegetale: come additivo alimentare si identifica con la sigla E153 e il suo utilizzo nei Paesi dell’Unione Europea è autorizzato dal Regolamento CE n. 1333/2008. Fa riflettere però il fatto che in America ne viene vietato l’uso alimentare a causa della potenzialità cancerogena. Non si esclude infatti in maniera assoluta la presenza di benzopirene. Il carbone vegetale si ottiene infatti dal legno di diverse essenze (pioppo, salice, betulla ecc.) o dai gusci e dai noccioli di frutta per esposizione ad elevate temperature (500/600 °C) in atmosfera povera di ossigeno. Si realizza in tal modo una combustione senza fiamma. Dal carbone così ottenuto si ricava una polvere finissima e estremamente porosa, inodore e insapore. Gli epidemiologi ci hanno informato negli anni che le parti bruciate degli alimenti contengono benzopirene e altri idrocarburi policiclici aromatici altamente nocivi per la salute umana. Se si tratta di poche porzioni, pazienza, le bruciature possono far parte inevitabile del processo di cottura del cibo. Ma ingerire appositamente residui di combustione desta perplessità. E gli USA sono andati sul sicuro, proibendolo.

È la capacità assorbente di questa polvere di carbone che dovrebbe migliorare la digestione. Una volta ingerito, il carbone vegetale ha la capacità cioè di legare a sé qualsiasi cosa transiti lungo il canale digerente. Si comprende bene perciò che un importante limite al suo utilizzo va posto in caso di assunzione di farmaci. Il medicinale preso in una finestra temporale che va da 30 minuti prima a 2 ore dopo aver assunto del carbone vegetale non verrà assorbito. Se assumete farmaci quindi evitate pane e pizze nere. Ma se assorbe i farmaci, come abbiamo visto prima per la pasta al glucomannano, il carbone vegetale assorbe anche i principi nutrienti? Ovviamente sì. Ecco il vero motivo che sta dietro questa moda: aiutare l’intestino a liberarsi di schifezze; ingredienti industriali di basso costo. Si potrebbe obiettare che il carbone vegetale in pastiglie come integratore si è sempre venduto e si continuerà a vendere, specie se prescritto da un medico come  l’aspirina. Ma non è un buon motivo per metterla nel pane[5]. Né tanto meno nella pizza.

Pizza nera? No grazie!

 

[1]     http://d.repubblica.it/cucina/2014/03/17/news/proteine_diete_legumi_integratori-2049636/

[2]     http://www.ilfattoalimentare.it/pasta-senza-calorie-ottenuti-radice-arrivano-giappone-spaghettini-riso-fettuccini.html

[3]     http://www.ciaocarb.com/

[4]     http://d.repubblica.it/cucina/2014/03/17/news/proteine_diete_legumi_integratori-2049636/

[5]     http://www.ilfattoalimentare.it/carbone-vegetale-pane-prodotti-forno.html

Pane nero e carbone vegetale: si può usare questo additivo per colorare brioche, grissini e pagnotte? Il parere dell’Istituto Superiore di Sanità

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